“I
Demoni di Urbino” di Pasquale Rimoli
Oggi
c’è il Release Party del romanzo “I Demoni di Urbino” di
Pasquale Rimoli, pubblicato dalla casa editrice La Ruota, il libro
esce oggi.
Titolo:
I Demoni di Urbino
Autore:
Pasquale Rimoli
Casa
Editrice: La Ruota
Data di
uscita: 26 Giugno
TRAMA
Un
avvincente noir che racconta, attraverso l’indagine del capitano
Sesti, gli aspetti “oscuri” di una città di provincia e di
Giulia, la figlia del maresciallo, una ragazza tutt’altro che
“semplice”. Personaggi, vicende personali e corali trasportano il
lettore nelle stradine ripide di Urbino, facendone gustare tutto il
fascino di cui sono imbevute, in un mix fatto di arte, cultura,
mistero e magia. Intrighi e devianze giovanili, amori puri e riti
orgiastici, vite spezzate da un errore, oppure dalla tragica
fatalità. Tutto prende il via da un efferato omicidio, nella buia
notte di Halloween, che devierà il corso della vita degli abitanti
del borgo.
ESTRATTO
Facendosi
coraggio si alzò, determinato a rimettere ordine nella sua
abitazione. Dopo aver pulito la cucina e liberato il salotto da
bicchieri, bottiglie di birra e cartoni per la pizza sparsi qua e là,
si preoccupò del bagno.
Così,
impegnato in quelle pulizie, si chiese come avesse potuto trascurare
la sua casa, soprattutto il bagno: mentre scrostava il lavandino con
una spugna, immaginò quasi di vedere il rubinetto sollevarsi in
verticale e ondulare a destra e sinistra al suono dell’Inno alla
gioia. Non poté evitare di sorridere, di fronte a quella buffa scena
partorita dalla sua immaginazione.
Sistemata
anche la sua camera (troppi erano gli indumenti lasciati in maniera
disordinata sulle sedie, sul letto e sul pavimento), fu il momento di
rimettere in sesto se stesso. Lavato e profumato, sbarbato, si
contemplò soddisfatto il volto, che godeva ora di nuova luce: gli
occhi azzurri risaltavano maggiormente, con la loro chiarezza.
Era un
uomo nuovo e si apriva una nuova pagina per la sua esistenza.
«Bentornato,
Matteo. Bentornato!» disse al suo doppio.
Con la
sola biancheria intima addosso, si diresse verso la sua stanza.
Quella volta, però, si fermò al comodino, per rivolgere più di uno
sguardo alla donna della foto.
«Ci
sono, Sara! Sono tornato!»
Di
fronte al sorriso della donna sorrise teneramente anche lui. Per
evitare di sporcare con le lacrime il volto, che aveva appena pulito
e curato, ripose la cornice al suo posto e continuò la sua marcia
verso la nuova fase.
Entrò
in camera.
Dopo un
paio di minuti, si ritrovò a fissarsi allo specchio di un grande
armadio a parete mentre, emozionato, si abbottonava la giacca:
provava eccitazione nell’inserire ognuno di quei quattro bottoni in
metallo argentato nelle rispettive asole e nello strofinare il
pollice sulle decorazioni dei bottoni.
Era
rimasta una sola cosa: il berretto.
Andò a
recuperarlo in salotto, ma lo adagiò sui suoi capelli castani, solo,
di fronte al grande specchio della sua camera. A operazione
terminata, inspirò profondamente: non indossava la divisa da
settimane. Era orgoglioso di se stesso. Ammirò i nastrini colorati
sulla parte sinistra del petto e le tre stelle argentate sulle
controspalline; passò l’indice destro lungo gli alamari fregiati
sul bavero della giubba; si focalizzò sul berretto esaminando i tre
galloncini argentati e bordati di nero lungo il soggolo anch’esso
argentato; infine, fissò lo sguardo sulla fiamma dorata a tredici
punte.
Era
pronto. Il capitano Matteo Sesti stava per tornare!
***
La
Mercedes del capitano Sesti si fermò nei pressi della stazione
Garibaldi, nella parte alta della città, quella custodita dalle
mura. Mancavano tre quarti d’ora all’inizio del suo turno e
decise di passeggiare lungo le caratteristiche stradine interne in
pietra. Procedeva lentamente, come se stesse facendo quel tragitto
per la prima volta, varcando i portali e, come un turista, fermandosi
ad ammirarli. Erano strade che conosceva ormai a memoria, ma non lo
avrebbero mai stancato: per lui ogni elemento caratteristico che
riconducesse al passato era l’occasione per fare un tuffo in
un’epoca antica. Immaginava i cavalieri, i cortei di nobili e dame,
i giocolieri, ma anche la gente semplice, vestita con abiti
caratteristici.
Quella
mattina era accaduto, appena alzatosi dal letto, quando aveva rivisto
l’immagine di Sara da lungo tempo, eccessivamente ma non senza
ragione, partorita dalla sua mente in tutte le salse.
La
vita, intanto, riprendeva a Urbino.
Le
strade erano inondate di odori: il pane appena sfornato, i cornetti,
il caffè… quegli odori riportavano Matteo al presente, e lui li
attraversava con la consapevolezza che, in fin dei conti, niente era
cambiato in sei mesi.
In quel
periodo gli era capitato, sporadicamente, di camminare lungo quelle
stradine e di percepire gli stessi odori senza, però, saggiarne
appieno l’essenza. E non poteva essere altrimenti.
Non
solo odori ma anche suoni. La gente s’incontrava, si salutava e si
augurava una buona giornata. C’era chi aveva già da raccontare
qualcosa avvenuto la sera precedente, chi era già al telefono alle
prese con qualche problema, chi andava in bicicletta e faceva
risuonare il campanello per non urtare qualche passante.
Urbino,
a differenza di Matteo, non aveva dormito.